Tempi brevi o tempi lunghi?

tempo di scatto

I tempi brevi sono necessari quando vogliamo congelare l’azione di soggetti che si muovono rapidamente.
Il problema maggiore nel quale s’incorre automaticamente quando si usano tempi di esposizione così brevi, è che viene ridotta di molto la quantità di luce che raggiunge il sensore. Per contrastare questo fenomeno, è possibile aumentare la sensibilità ISO e/o aprire di più il diaframma, a meno che non ci si trovi in un luogo molto luminoso e quindi basterà una minima variazione degli altri parametri.

L’altra faccia della medaglia è costituita da un vantaggio non indifferente: con tempi di esposizione rapidi difficilmente scatteremo foto mosse.

I tempi lunghi, invece, sono molto gettonati nella fotografia notturna perché hanno il merito di aumentare la quantità di luce che può raggiungere il sensore. Da ciò s’intravede una delle ragioni per cui il fotografo potrebbe scegliere un tempo lungo rispetto ad uno breve: trovarsi in situazioni di scarsa luminosità.
Ma spesso, nella scelta, può giocare un ruolo dominante l’effetto che si vuole ottenere, il cosiddetto: motion blur, ovvero la sfocatura del movimento. Quando l’otturatore rimane aperto per un tempo “lungo”, il sensore registra tutto quello che succede durante il tempo di esposizione. Questo effetto può essere fastidioso se vogliamo fare una foto nitida e non riusciamo a tenere la fotocamera abbastanza stabile (foto “mossa”).
Può però essere usato appositamente per creare effetti particolari: esempio tipico sono le foto notturne in strada, dove vediamo i fari delle auto che lasciano una scia, oppure l’effetto dell’acqua in movimento.
Quindi, in questo caso, il tempo lungo viene impiegato per conferire allo scatto una sensazione di dinamicità compensando in questo modo la staticità della fotografia in sé. Può essere utilizzato, appunto, per far percepire il movimento di un soggetto.
Ovviamente, se il mosso è l’effetto da contrastare, un buon treppiede è fondamentale.

lampada pixar

SINTESI
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