Letture in Biblioteca – Giovanni Gastel [a cura di Germano Celant]

Conte Carmine/SGP

È un po’ di tempo che frequento le Biblioteche a caccia di libri fotografici. Cerco soprattutto libri di saggistica, cataloghi di mostre fotografiche, biografie.
Grazie a questi preziosi prestiti posso avere tra le mani un bel po’ di materiale ricco di idee, spunti, riflessioni. Trovo che sia importante conoscere gli “autori” che hanno fatto la storia della fotografia italiana e internazionale.

Uno dei miei ultimi prestiti riguarda il grande fotografo e gentiluomo Gastel. Una personalità immensa che manca davvero molto.
Essì, il gentiluomo della fotografia. «Recentemente, in un dialogo, se non ricordo male con il fotografo e amico Settimio Benedusi, Gastel aveva detto che gli sarebbe piaciuto essere ricordato come un gentiluomo. Quante altre persone, oggi, avrebbero un tale desiderio, un’aspirazione così anacronisticamente fuori moda? Eppure in questa espressione disusata, gentiluomo, che considera la virtù (altra parola dimenticata, che puzza di naftalina) della gentilezza una caratteristica fondante e distintiva dell’essere uomo, possiamo riconoscere la sigla dello stile di vita, prima che d’arte, di Giovanni Gastel. Chapeau.» Fonte: Gianmarco Sivieri – Alley Oop – Il Sole 24 ore.

Venendo al libro che ho preso in prestito presso le “Biblioteche Civiche Torinesi” (qui trovi il loro catalogo, mentre questo è il sito ufficiale), posso dire che ho sfogliato con vivo interesse e piacere il Catalogo della mostra fotografica Giovanni Gastel.
(Palazzo della Triennale Milano 2 Ottobre – 2 Novembre 1997, Harrods Londra 6 Settembre – 30 Ottobre 2004).

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Giovanni Gastel – a cura di Germano Celant

«Giovanni Gastel è uno dei nomi più noti della fotografia italiana. Grande protagonista della comunicazione pubblicitaria riesce con i suoi scatti a trasformare in modo ironico e multicolore il mondo del fashion e della moda.
Gioielli diventano sculture, oggetti si tramutano in fiori. Foglie, colori, immagini sovrapposte trasportano il corpo femminile in dimensioni parallele che accentuano l’ambiguità e il fascino della realtà.
Ha collaborato con le principali riviste di moda apportando ad ogni campagna la straordinaria poliedricità del suo lavoro che si fa interprete divertito dei veloci mutamenti del reale.
Cultore della sperimentazione, ha introdotto nella fotografia di moda contemporanea la tecniche “old mix” e “a incrocio” che sovrappongono immagini, oggetti e colori.
Erede dello stile aristocratico e sofisticato che caratterizza l’antica noblesse milanese, Giovanni Gastel, nipote di Luchino Visconti, ha scoperto giovanissimo la propria passione per la fotografia ed ha iniziato presto una carriera internazionale che lo ha visto vivere tra Milano e Parigi.
È un innovatore della fotografia di moda, sia tecnicamente che linguisticamente. Le foto di Giovanni Gastel, che dichiarano un costante percorso di ricerca creativa nella quale si rispecchia l’evoluzione del costume degli ultimi vent’anni, sono protagonisti di bellissimi libri e di celebri mostre.

Questo libro è il catalogo della sua personale alla Triennale di Milano del 1997 e curata da Germano Celant. Dal 6 Settembre 2004 l’inconfondibile stile di Gastel sbarca con i suoi scatti cangianti, voluttuosi ed ironici nel tempio di Harrods a Londra.» Fonte: Idea Books

 

CONSIDERAZIONI

Molto bella, anche se un pochino impegnativa, la “lettura” che Germano Celant fa delle opere della mostra da lui stesso curata. Personalmente, ho scelto di leggere alla fine quest’analisi di Celant in modo da godermi la visione delle foto senza condizionamenti vari.
Solo dopo averle viste più di una volta, ripercorrendo su e giù il libro, e solo dopo aver lasciato spazio alla mia meraviglia, alle mie interpretazioni, al ricordo delle parole di Gastel ascoltate in tante interviste, alle mie emozioni… solo dopo tutto questo ho letto l’introduzione di Celant. E devo dire che essa è davvero affascinante e riesce a descrivere in ogni dettaglio il percorso visivo del libro.
Come un Cicerone (anche se questo appellativo è ovviamente riduttivo), Celant ti prende per mano e ti racconta cosa hai visto. E d’un tratto ti senti come se a quella mostra avessi partecipato anche tu, perché lui ti guida e ti porta proprio davanti a quelle foto per parlartene in maniera sublime.
Fossi in voi, farei ugualmente. Prima le foto. Prima il silenzio. Prima lo stupore. Prima il viaggio, poi il racconto del viaggio.

Celant ci parla di una fotografia velata

«Gastel lavora sull’incertezza delle immagini, là dove può generarsi una pluralità di sensi. Il vago si lega al continente nero della femminilità e dell’oggettualità, che sono continuamente coperti di veli e, secondo la visione dominante, devono sempre compensare le loro manchevolezze.
Veli come la seduzione e il meraviglioso, la curiosità e lo charme aiutano a coprire un’assenza che è solo il riflesso dell’assenza del lettore e della lettrice. Gastel li crea e li svela.» Germano Celant

«Giovanni Gastel è un gentiluomo dal forte senso d’appartenenza all’alto rango, animato da una sublime idea della donna, filtrata dal suo occhio attraverso una lente di sensualità ed eleganza più tipica di altri tempi che della contemporaneità. La donna per Gastel è una regina dell’eros velato, concetto diametralmente opposto alla volgarità; la sua è una dama del decoro e dell’eleganza (parola, quest’ultima, che rientra a pieno titolo nel vocabolario gasteliano), rispettosa di se stessa e della sua immagine del vivere sociale.» (Fonte: Popdam Magazine)

«Quanto al velo del meraviglioso, la ricerca di meraviglia aumenta l’attenzione alle cose, ne stimola la conoscenza e il sapere e il suo ricorso serve a sollevare la curiosità sugli oggetti, le figure e i fenomeni. L’investimento di stupore e di sorpresa che fa superare le attese del conosciuto provoca, infatti, un effetto di nuova interpretazione, travolge qualsiasi definizione e permette l’arricchimento e l’acquisizione di un diverso sapere.

Tale ricorso all’affioramento della meraviglia e delle sorprese, in arte e in fotografia, è stato usato principalmente dai surrealisti, quando hanno sentito la necessità di moltiplicare le occasioni di significato e di conoscenza delle cose. Sospendendo il reale per inserirlo in un territorio dell’immaginario e del surreale, sono riusciti a determinare una vertigine infinita di sguardi e di visioni che non corrispondono ai criteri della convenzionalità. Nell’ambito della fotografia si deve a Man Ray tutto il gioco delle diversioni e delle dislocazioni che regge l’immaginario surrealistaCelant

«La fotografia surrealista rappresenta idee, sogni ed emozioni inconsce.
Il surrealismo è diverso dall’astrazione. Si discostano entrambi dall’arte strettamente rappresentativa, ma hanno approcci diversi. L’astrazione usa colori, forme, texture e altri elementi per evocare sensazioni o idee. Il surrealismo sfrutta immagini riconoscibili, che spesso però vengono presentate in modo insolito. Un’immagine che ci ricorda dei cubi è astratta, mentre un edificio fatto interamente di mani umane è surreale. “Il surrealismo è sempre legato alla realtà in qualche modo” afferma Tryforos. “Anche se non è realistico, deve essere credibile.”
“Le immagini surreali tendono ad essere oniriche ed entrano nell’inconscio delle persone”, afferma Tryforos. “Spesso sono costituite da elementi diversi che vengono abbinati in modi impensabili.” Le immagini surreali contengono quasi sempre elementi riconoscibili della vita reale, ad esempio figure umane, orologi o mele, che però vengono disposti in modi strani. Gli orologi potrebbero sciogliersi, come nel quadro La persistenza della memoria di Dalí, oppure una mela potrebbe fluttuare davanti al viso di un uomo, come nel dipinto Il figlio dell’uomo di Magritte.
Il surrealismo trasforma la realtà in un mondo onirico. “Le cose non sempre hanno senso da un punto di vista logico”, afferma Tryforos. “A volte sono inquietanti, irritanti o raccapriccianti, ma possono anche essere scherzose e divertenti”. Le immagini surreali potrebbero anche avere un senso, ma come le immagini astratte, vertono più sull’espressività e ti fanno percepire sensazioni a un livello profondo che potresti non essere in grado di spiegare.» (Fonte: Adobe)

Lo sguardo si smarrisce…

«L’urgenza di far emergere quel meraviglioso quotidiano che si manifesta attraverso la lettura del reale segna il corso dell’esplorazione fotografica di Giovanni Gastel.» Celant

Nello sfogliare questo catalogo, oltre a vedere a tratti il mio sguardo smarrirsi, ho pensato che questo scomporre e ricomporre la realtà è qualcosa che in qualche modo mi appartiene. E, siccome tra i miei generi fotografici preferiti lo still life è quello che mi attrae maggiormente, farò tesoro di quanto appreso e sperimenterò, anche divertendomi come faceva Gastel, a cercare nuovi significati.

 

 

 

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